Concerti Veneziani
Albinoni, Gentili, Taglietti
Erato, 2000
Il concerto per violino veneziano appare come appendice della seicentesca sonata a tre violini piuttosto che sviluppo della trio sonata e del relativo concerto grosso. Gli ingredienti principali di questa scelta formale e stilistica si possono ricercare nelle origini provinciali, nella splendida eredità della scuola violinistica padana e forse in quell'atavico istinto di una città come Venezia, abituata da sempre a fare i conti con una superficie "galleggiante" faticosamente conquistata al mare, ad economizzare lo spazio e a ricercare la leggerezza.
Dettagli
Concerti Veneziani
Tommaso Albinoni (1671-1751)
Concerto XII op. 5 in do maggiore
Allegro | Adagio | Presto | Adagio | Allegro
Sonata VI a cinque op. 2 in sol minore
Adagio | Allegro | Grave | Allegro
Carlo Antonio Marini (1670/1-1717c)
Sonata X a cinque op. 3 in mi minore
Adagio | Allegro | Largo | Allegro
Sonata XI a Cinque op. 3 in re maggiore
Allegro | Allegro | Grave | Allegro | Adagio | Allegro | Adagio | Presto | Adagio | Allegro
Marco Antonio Ziani (1653c.-1715)
"Sinfonia del Sepolcro" in do minore
Grave | "Arcate distese" | [...]
Giorgio Gentili (1668-1731)
Concerto X a quattro op. 5 in la minore
Presto | Adagio | Allegro | Adagio | Allegro | Presto
Giulio Taglietti (1660-1718)
Concerto VIII a cinque op. 8 in sib maggiore
Grave | Allegro | Grave | Allegro
Concerto VII a cinque op. 8 in la minore
Grave | Andante | Grave | Allegro | Grave | Allegro
Benedetto Marcello (1668-1739)
Concerto II a cinque op. 1 in mi minore
Adagio staccato | Vivace | Adagio staccato | Prestissimo
Luigi Taglietti (1668-1715)
Concerto IV a quattro con violoncello obbligato op. 6 in fa maggiore
Andante | Presto | Largo | Presto | Largo | Presto | Largo | Presto | Allegro | Adagio | Allegro
Sonatori de la Gioiosa Marca
Giorgio Fava, violino
Roberto Falcone, violino
Giovanni Dalla Vecchia, violino
Luca Ronconi, violino & viola
Judit Földes, viola
Walter Vestidello, violoncello
Giancarlo Pavan, violone
Giancarlo Rado, arciliuto & chitarra
Gianpietro Rosato, organo & cembalo
Booklet
Le origini del CONCERTO VENEZIANO
di Alessandro Borin
Quando nel 1711 l'audace ed affascinante raccolta dell'Estro armonico vivaldiano venne consegnata alle stampe, per i tipi dell'editore olandese Estienne Roger, si aprì "una nuova fase nello sviluppo storico del concerto solistico ovvero nella definizione dei caratteri peculiari di un genere strumentale all'avanguardia, ancora in procinto di perfezionare i propri canoni estetici e le proprie strutture formali, ma in ogni caso non lontano dall'incarnare quell'autentico fenomeno d'arte e di costume che diverrà sullo scorcio dei primo quarto del Settecento.
In realtà, L' "Opera Terza" di Antonio Vivaldi rappresentò soprattutto l'acme di un insieme di sollecitazioni, che avevano percorso e definito la ricerca di un'intera generazione di musicisti, e il cui portato può essere compreso ed inquadrato nelle sue esatte coordinate storiche solamente riconducendo i presupposti artistici, ideologici e persino spettacolari sui quali si fondavano l'originalità e il fascino dello strumentalismo veneziano d'inizio secolo, nel più ampio quadro dei rapporti che la città fu in grado di instaurare con alcuni dei centri più operosi dell'Italia settentrionale, dentro e fuori il territorio della Repubblica.
In effetti, lungo tutto il secolo appena trascorso, l'azione politica della Serenissima aveva inteso mitigare le diversità antropologiche ed ambientali che da sempre separavano la Dominante (centro eccentrico, città marinara e mercantile) dalla Terraferma (ovverosia da una periferia multiforme e policentrica, articolata intorno ad alcuni grandi insediamenti urbani), perseguendo una fitta rete di alleanze fra il proprio patriziato e le oligarchie delle città soggette, e nel cui alveo l'autorità di Venezia potesse essere accolta e legittimata, sino ad essere percepita con forza anche agli estremi confini della Repubblica.
Sullo scorcio del Secolo XVII e nei primi anni di quello successivo, la stessa vita musicale della Repubblica non era pertanto riconducibile a quella di un unico centro, essendo profondamente condizionata dalla natura e dalla morfologia del territorio, dal tessuto connettivo dei circuiti di scambio che collegavano le città della Terraferma alla metropoli, dalla pluralità delle istituzioni e dei protagonisti. Sino al punto da ricavarne la percezione di una maggiore complessità, di una dimensione più ampia, e tuttavia la sola in grado di far emergere la reale fisionomia di quel sistema culturale, le sue reciproche permeabilità, la natura concreta delle relazioni che si dispiegarono al suo interno.
In quest'ottica, non è sorprendente costatare come uno degli autori più solleciti ad anteporre un patetismo più irrequieto alla solenne concinnitas del dettato corelliano, privilegiando la novità del violino solista (o della coppia dei primi violini "che concertano soli") analogamente a quanto accadeva con l'utilizzo della tromba concertante nella scuola bolognese sin dai tempi di Maurizio Cazzati, fu il bresciano Giulio Taglietti, "maestro di violino" nella città natale, presso il Collegio de' Nobili, sin dal 1695. Nell'ultimo dei Concerti dell'Op. IV (1699), egli giunse persino a differenziare gli interventi del solo dalle sezioni affidate ai tutti attraverso delle specifiche indicazioni, sulla scia dei ben più noti Concerti Musicali dell'Op.VI di Giuseppe Torelli (1698), e precedendo di almeno un anno le Sinfonie e Concerti a Cinque dell'Op. II (170o) di Tomaso Albinoni.
Insieme al fratello Luigi violoncellista e insegnante di "tromba marina" presso il medesimo Collegio, retto dai padri gesuiti e a Carlo Antonio Marini violinista e violoncellista in S. Maria Maggiore a Bergamo, egli testimonia pertanto la straordinaria vitalità della provincia, il suo divenire una sorta di luogo ideale in cui sperimentare le sollecitazioni più originali del proprio tempo, la sua capacità di anticipare ed orientare alcuni degli indirizzi del Centro dominante.
Se si eccettua il caso di Giorgio Gentili, violinista al soldo della cappella marciana dal 1689 al 1731 e autore di una raccolta di Concerti a quattro e a cinque (1708), in città tali sollecitazioni sembrarono essere inoltre accolte e recepite con maggior attenzione da una categoria di musicisti piuttosto atipica, priva di incarichi ufficiali, slegata da un rapporto professionale con le maggiori istituzioni musicali cittadine, e "che per diletto componendo arriva[vano] alla meta de 'primi professori".
Tuttavia, se i Concerti a 5 dell'Op. V (1707) di Tomaso Albinoni,"musico di violino dilettante veneto", rappresentarono il naturale prolungamento delle istanze progressive già emerse nella precedente raccolta del 1700, i dodici Concerti a Cinque dell'Opera I (1708) del giovane Benedetto Marcello, "Nobile Veneto Dilettante di Contrappunto", costituirono un'autentica sorpresa.
Se non altro perché è assai curioso che un seguace di Francesco Gasparini, cultore della tradizione e delle teorie zarliniane, scegliesse di esordire alle stampe cimentandosi nel terreno sperimentale e fecondissimo della musica strumentale e non in quello a lui più congeniale della produzione vocale destinata alla chiesa o alla camera.
"Centro" e "periferia", "pubblico e "privato", costituiscono quindi le coppie antinomiche attraverso cui si dipanarono i percorsi asimmetrici della musica e dei musicisti nella Repubblica veneziana, sia dall'interno dello spazio in sé conchiuso della città e delle sue istituzioni, sia in quello più ampio del territorio soggetto al controllo della Dominante, ed infine nella loro concreta capacità di proiezione verso l'esterno.
Una tendenza favorita dalla diaspora dei musicisti veneziani, spinti a ricercare un impiego stabile presso le cappelle e le corti dell'Europa del Nord, ed accentuata dal graduale collasso dell'ultima, gloriosa generazione di stampatori lagunari (quali Antonio Bortoli, Giuseppe Sala, Innocente Alessandri e Pietro Scattagtia), cui si contrappose la crescente fortuna delle grandi stamperie d'oltralpe che contribuirono in misura determinante alla diffusione sovranazionale del gusto musicale veneziano, preparando nel contempo la strada alla recezione del linguaggio strumentale vivaldiano.
Concerti "senza orchestra"
di Giorgio Fava
Eseguire i concerti veneziani senza raddoppi, ma limitandosi ad un organico a parti reali è da sempre peculiarità dei Sonatori de la Gioiosa Marca: l'abbiamo adottata per i Concerti vivaldiani della natura, la prediligiamo anche nell'esecuzione del ciclo delle "Stagioni". Diversi sono i motivi storici, musicali e di gusto che ci orientano in questa scelta: la realizzazione di questo progetto è un'ulteriore testimonianza di come, soprattutto per il primo quarto del 1700, il "concerto a cinque" veneziano sia essenzialmente da intendersi come concerta "senza orchestra", in netta contrapposizione con le sontuose pratiche bolognesi e romane.
Alla luce di questa esperienza discografica il concerto per violino veneziano appare come appendice della seicentesca sonata a tre violini piuttosto che sviluppo della trio sonata e del relativo concerto grosso.
Gli ingredienti principali di questa scelta formale e stilistica si possono ricercare nelle origini provinciali sopra evidenziate (con annesse le ridotte disponibilità di organici), nella splendida eredità della scuola violinistica padana e forse in quell'atavico istinto di una città come Venezia, abituata da sempre a fare i conti con una superficie "galleggiante" faticosamente conquistata al mare, ad economizzare lo spazio e a ricercare la leggerezza.
Come era accaduto all'inizio del secolo XVII, ancora al debutto del Settecento il contributo più importante arriva da ovest, da quelle città, Bergamo, Brescia, che avevano visto nascere i primi "sonatori" di viole da brazzo.
Le Sonate a cinque di Carlo Antonio Marini sono forse il manifesto, il prototipo di queste nuove tendenze: non a caso il rampante, ma illuminato Estienne Roger le inserì nel suo nuovissimo catalogo, stampando l' Op.III già nel 1697.
In queste composizioni un'evidente attrazione per il registro acuto nel violino lega curiosamente il poco frequentato compositore bergamasco ai suoi futuri e più illustri concittadini, i violinisti Pietro Antonio Locatelli e Antonio Lolli, in un affascinante sensazione di continuità.
La splendida introduzione della Sonata in mi minore sembra poi innestarsi in una tipica atmosfera legrenziana, a riprova di una mai interrotta osmosi tra la provincia e la capitale.
Da Brescia arrivò a Venezia Giovan Battista Vivaldi, primo maestro del figlio Antonio.
Allora punto di riferimento per la musica strumentale erano i fratelli Taglietti: compositori, strumentisti a S.Maria della Pace, insegnanti al Collegio de 'Nobili di S.Antonio.
Giulio, il più anziano, fu senza dubbio il più innovatore dei due. Pur nell'ossequio al modello imperante corelliano, nei suoi Concerti dell'Op.Vlll emergono alcuni tratti dello stile veneziano e vivaldiano: l'organico di 4 violini sembra anticipare quello dell'Estro Armonico, anche se in realtà sono solo tre le parti obbligate, con una di rinforzo. Ma le sue vere intuizioni sono da ricercarsi nell'uso modernissimo del recitativo strumentale, nelle inconfondibili progressioni armoniche, nell'asimmetria delle linee melodiche, nate con il violino in mano, alla ricerca di quell'effetto di movimento e sorpresa che caratterizzerà tutta la produzione vivaldiana.
Il fratello Luigi guardò invece con più interesse all'ambiente bolognese, dove Domenico Gabrielli e Giovanni Maria Jacchini cercavano di imporre un ruolo solistico al violoncello, fino ad allora prezioso, ma subordinato strumento d'armonia. II suo Concerto IV a quattro "con violoncello obligato" esemplifica al meglio lo stile cameristico,"senza orchestra", con gli strumenti che dialogano alla pari, lasciando a tratti la scena al violoncello solo. E' iinteressante notare come questa e altre opere di questo programma, appartennero alconte Rudolf Franz Erwein von Schónborn, dilettante di violoncello per il quale Vivaldi scrisse i suoi primi concerti.
La committenza straniera giocò un ruolo fondamentale nello sviluppo delle nuove forme strumentali, soprattutto a Venezia dove risultava una delle più redditizie forme di guadagno e di sostegno editoriale. Ne beneficiò anche Giorgio Gentili, primo violino a S.Marco e "maestro di strumenti" all'Ospedale dei Mendicanti, che dedicò la sua Op.V al conte di Manchester e la successiva Op.VI al venezianissimo elettore di Sassonia Federico Augusto I. II suo Concerto a tre violini lega l'esperienza seicentesca alla moderna scrittura solistica, mescolando prestiti corelliani a invenzioni tipicamente veneziane come la cadenza a violino solo o il leggero accompagnamento senza bassi, chiudendo con un ritornello dal sapore teatrale che ammicca alla vena brillante di Cesti e Cavalli. MarcAntonio Ziani, organista, non scrisse concerti e qui rappresenta l'altra anima veneziana, quella legata alla gloriosa scuola contrappuntistica cinquecentesca, a quello stile antico apprezzato forse più a Vienna che a Venezia. La sua Sinfonia del Sepolcro fu sicuramente uno dei modelli ispiratori del Vivaldi serio, quello della musica corale sacra, del "Concerto Madrigalesco",della "Sonata" e "Sinfonia al S.S. Sepolcro" appunto. A quest'anima appartiene anche Benedetto Marcello con il suo interesse per i colori scuri, per le atmosfere patetiche, per le armonie complesse che piacquero sicuramente agli organisti tedeschi Johann Gottfried Walther, Johann Ernst Bach eJohann Sebastian Bach. Le loro versioni tastieristiche del Concerto il lo testimoniano, rendendo inoltre possibile la ricostruzione della parte perduta del violino solista. La diffusione dello stile concertistico veneziano attraverso le elaborazioni organistiche è ribadita dalle trascrizioni, sempre ad opera di J.G.Walther, di concerti di G.Taglietti, G.Gentili, T.Albinoni, nonché dalle celebri versioni bachiane tratte dall'Estro Armonico di A.Vivaldi.
Ultima, ma senza dubbio più importante e completa è la figura di Tomaso Albinoni, "dilettante di violino", veneziano dalle antiche origini bergamasche. II suo linguaggio è senza dubbio il più maturo e robusto, il suo contrappunto concertante il più moderno, i suoi soggetti fugati i più imitati.
L' indipendenza economica lo emancipò nella ricerca di nuove forme concertistiche più progressive e il suo linguaggio fu vero e proprio modello per la produzione strumentale europea del primo settecento.
L.'esecuzione della Sinfonia (Sonata) VI del Sepolcro Op.ll, come pure del Concerto XII delfOp.V, esige ruoli solistici, impiegati virtuosistica mente in un intreccio che sembra escludere la versione con organico allargato, salvo operare un complesso lavoro di riorchestrazione, peraltro non previsto nelle edizioni curate dall'autore. Brillantezza, velocità e leggerezza risulterebbero perdute nel tentativo di raddoppio delle parti.
Info
Recording location: Abbazia di Rosazzo (UD), Italy
Recorded: October, 16-18, 1999
Executive producer: Dr. Richard LORBER (WDR 3)
Recording Producer: Ysabelle Van Wersch-Cot
Sound engineer: Jean Chatauret
Production coordinator: Simon Martin
Design: Muriel Collet
Cover: photo Carlos Navajas
Total Timing: 69’15’’
Co-Production Westdeutscher Rundfünk [WDR 3] Köln / Erato
Special thanks to Klaus L. Neumann for his indispensable support in the project. The music played in this recording is scored and edited by Sonatori.
Fonti
Tommaso Albinoni (1671-1751)
Concerti a Cinque op. V (Venezia 1707)
Sinfonie e Concerti e Cinque OP. II (Venezia 1700)
Wiesentheid, Musiksammlung des Grafen von Schönborn - Wiesentheid
Carlo Antonio Marini (1670/1-1717c)
Sonate da Chiesa a Tre e a Cinque op. III
(Venezia 1693 / Amsterdam 1697)
Zürich, Zentralbibliothek
Marco Antonio Ziani (1653c.-1715)
Ms.: Bibl. Marciana, Venezia
[dal Sepolcro "Le Due Passioni" Vienna 1705]
Giorgio Gentili (1668-1731)
Concerti a Quattro e Cinque op. V (Venezia 1708)
Wiesentheid, Musiksammlung des Grafen von Schönborn - Wiesentheid
Giulio Taglietti (1660-1718)
Concerti a Cinque OP. VIII (Venezia 1710)
Wiesentheid, Musiksammlung des Grafen von Schönborn - Wiesentheid
Luigi Taglietti (1668-1715)
Concerti a Quattro e Sinfonie a Tre op. VI (Venezia 1708)
Wiesentheid, Musiksammlung des Grafen von Schönborn - Wiesentheid
Benedetto Marcello (1668 - 1739)
Concerti a Cinque op. I (Venezia 1708)
ricostruzione di Alessandro Borin