Music for strings
in the Republic of Venice
Rovetta, Castello, Scarani
Divox Antiqua, 1998
Goldberg:
Mentre ancora le Cappelle musicali d'Italia e d'Europa conservano l'impostazione sonora del tardo Cinquecento, con il predominio degli strumenti a fiato, già dal 1617 a S. Marco si elegge "maestro de' concerti" un violinista, Francesco Bonfante e questa tendenza raggiungerà il culmine alla fine del secolo con la riorganizzazione dell'orchestra Marciana ad opera di Giovanni Legrenzi. In un'estetica nuova dove il suono acquista una valenza sensuale, contrapposta alla razionalità della "prima prattica", il violino è eletto strumento ideale, per la sua straordinaria capacità evocativa e imitativa, per la sua seducente e ricca gamma di colori, per la sua duttilità ad essere strumento ora lirico, ora ritmico, ora parlante.
Dettagli
Music for strings in the Republic of Venice (1615-1630)
Canzoni, Sonate & Variazioni concertate «in Stil Moderno»
Giovanni Rovetta (1596- 1668)
Canzon I a 3
Canzon III e IV a 4
(Venezia 1627)
Biagio Marini (1597-1666)
Sonata a tre violini "in ecco"
Pass' e mezzo
Pass' e mezzo
Francesco Turini (1589- 1641)
Sonata a due violini e basso
(Venezia 1631)
Giovanni Picchi (1672-1643)
Canzone V a due violini
(Venezia 1635)
Giuseppe Scarani (15??-16??)
Sonata XIII a 3
(Venezia 1630)
Giovanni Battista Fontana (15??- 1630)
Sonata XVI a tre violini
(Venezia 1641)
Dario Castello (15??-16??)
Sonata XV e XVI "per stromenti de arco"
(Venezia 1631, 1639)
Sonatori de la Gioiosa Marca
Giorgio Fava, violino
Carla Marotta, violino
Giovanni Dalla Vecchia, violino
Massimo Battistella, viola
Judit Földes, viola
Walter Vestidello, violoncello
Alberto Rasi, violone
Giancarlo Rado, chitarrone, arciliuto & chitarra
Andrea Marcon, organo & cembalo
Press
Goldberg:
...The Sonatori di Treviso, in company with Carmignola's violin, aroused enthusiasm in their Vivaldi. In this follow-up to a previous disc entitled Balli, Capricci, Stravaganze, two intuitions are seen to be confirmed: firstly that their magic did not lie only in Carmignola, secondly that they are able, equally happily, to tackle another less familiar repertoire, that of Venice at the beginning of the 17th century. There is no unnecessary exhibitionism or exaggerated dramatics here: the Sonatori prefer faultless cohesion, rich sonorities, an astounding virtuosity that is always apt; ...There is constant attention to the subleties of the scores, with a succession of unexpected and precise scenes and an impressive art of rhetoric. Throughout the programme (excellently expounded in the printed note) surprise abound. From the start, the velvet sonorities (the chitarrone....) in a canzone by Rovetta; the astonishing and subtle alliance of the timbres of two violins and a viol in another canzone by the same composer; the antiphonal construction of a trio sonata by Fontana; the imitative brass fanfare of a sonata by Castello; the admirable echo of another sonata for three violins by Marini... Quotations should be made of all the pieces, which reveal a goldsmith's precision in bowing and which link contrasts with flexibility rather than emphasising the breaks. Each ornament thus takes its place naturally and logically. The Sonatori do not show off, they speak quite simply, but a language of perfect rethoric. (Sophie Rougol) GOLDBERG Maggio 1999
...Ah le 17e! Que de richesses encore cachees tous ces ensembles vont-ils pouvoir nous reveler. Celui-ci s'etait fait connaitre notamment par ses enregistrements Vivaldi. La musique italienne leur reussit decidement fort bien. Alors certes, ces pieces ne sont pas toutes des concertos du Padre Rosso, mais nottament les 2 pieces de Marini sont de pures merveilles. Le Pass'e mezzo laisse les 2 violons virevolter de facon lanscinante sur cette basse obstinee qu'on ne peut s'empecher de chanter. Et le milieu chromatique qui s'etire avec des sons purs se chevauchant, larmoyant, d'une beaute a pleurer. Et la fin virtuose, echevelee... un regal. La prise de son Divox n'est pas pour rien dans cette reussite de ce CD magnifique et bien rempli. J'en reprendrais bien pour mon dessert. REPERTOIRE
...La phalange vénitienne d' instruments anciens des Sonatori avait révolutionné la discographie vivaldienne. Avec cet impressionnant récital consacré aux sonates et canzone publiées à Venise à l' aube de l' ére baroque, elle s' inpose désormais dans un répertoire qui ne lui était pas vraiment familier. Outre la cohésion impeccable jusque dans la virtuosité la plus profuse ( époustoufflante Sonata XV de Castello), les sonorités amples et chaleureuse, on admire ici l' articulation raffinée d' une extrême variété mais jamais démonstrative: staccato nerveux et volubile, delicat tremolo ( Sonate a 3 de Turini ), et même généreux legato pour les moments de grande intensité lyrique. Mais plus que la prouesse technique, c' est l' interprétation qui impressionne par sa fogue et son intensité émotionelle, et par son attention scrupuleuse aux innombrables effects dramatiques que recélent ces musiques si avides d' expression: les subits changements de tempos et de rythmique, les dissonances inattendues et les réferences choréographiques sont soulignés avec art et intelligence, pour former une véritable leçon de rhetorique, tout en contrastes et en surprises délicieuses. (Denis Morrier) DIAPASON Marzo 1999.
Booklet
Musiche per archi nella Repubblica di Venezia
VENEZIA 1615 - A tre anni dalla morte di Giovanni Gabrieli vengono pubblicate le sue Canzoni e Sonate: l' ultima composizione della raccolta è una Sonata per tre violini, confine esemplare nella musica per archi, tra lo stile tardo cinquecentesco e il nuovo gusto barocco.
VENEZIA 1630 - Nell'estate si diffonde in città il morbo della peste troncando bruscamente ogni attività: in un anno la popolazione cittadina è ridotta di un terzo (50.000 morti). Nell'arco di soli quindici anni il linguaggio della musica strumentale subisce una trasformazione e uno sviluppo irripetibili.
Culla e teatro di questa rivoluzione fu la Repubblica Veneziana che in quegli anni detenne il primato assoluto nell'editoria, si assicurò i migliori musicisti (tutti intenti a "seguir forme d'un nuovo vivente Apollo, sovra'l cui verde Monte le vere Muse cercan di ricovrarsi per apprendere i tuoni de gli esquisiti concenti" come confessa Giovanni Rovetta nella sua dedica all' OPERA I del 1627), e si dotò di un'organizzazione musicale all'avanguardia. Favorevole a questa supremazia fu senza dubbio la situazione politica di allora: dopo aver raggiunto alla fine del Cinquecento il massimo sviluppo nei commerci e nell'industria, i Veneziani si orientarono ad una nuova politica di difesa e di neutralità. Rassegnata ogni mira espansionistica e nell'impossibilità di contrastare le nuove potenze mercantili del nord Europa, la Serenissima rivolse il suo interesse alla propria terraferma e alla strenua difesa della propria indipendenza per poter "lungamente conservarsi la libertà e godere de 'soavissimi frutti della pace" [Paolo Paruta, diplomatico e letterato della Repubblica]. In uno scenario europeo che preludeva alla Guerra dei Trent'anni, Venezia fu un modello di stabilità, una repubblica ideale, orgogliosa della propria libertà di stampa e di pensiero, capace di opporsi anche all'influenza del Papato: "Se i Veneziani non avessero tenacemente respinto le prescrizioni papali, la loro musica strumentale non offrirebbe molta materia di studio" osserva Eleanor Selfridge-Field, autrice del principale studio sulla musica strumentale a Venezia. A motivare il passaggio di Claudio Monteverdi nel 1613 dalla corte Mantovana dei Gonzaga alla Cappella di S. Marco fu proprio la "stabilità" statale, l'indipendenza la stima e non ultimo i guadagni. Scrive nel 1620 lo stesso Monteverdi: "né vi è gentilomo che non mi stimi et onori, et quando vado a far qualche musica o sia da camera o chiesa giuro a V.S.Ill.ma che tutta la città corre". Alla sua morte nel 1643 un cantore di S.Marco nell'illustrare al compositore romano Giacomo Carissimi la situazione musicale a Venezia, per invogliarlo a concorrere al posto resosi vacante, così scriveva: "Questa miracolosa Città nella quale ci sono tutte quelle gratíe ch'ha Dio create e che si sanno dessiderare, e la musica è in stima tale che mai ho visto cosa simile. [...] E qua si rapiscono i cuori di questa numerosa nobiltà, et ogni minimo nobile qua può di gran lunga più d'un Cardinale di là, e sono talmente inamoratí della Musica, massime delle novità, ch'è impossibile a crederlo.." In questo ambiente fiorì una classe di strumentisti/compositori di straordinario livello, estremamente attenta alle "modernità" e agli effetti della propria musica sull'ascoltatore/ mecenate. Spesso erano forestieri e arrivavano a Venezia dai centri minori della Serenissima, in particolare dall'area bergamasca e bresciana, eccezionalmente fertile e prodiga di strumentisti, patria già nel Cinquecento delle prime "bande di violini" (nel 1543 si registrano dei "viollons de Desensan", Desenzano, città sul lago di Garda vicina alla Salò dei Bertolotti, tra í primi costruttori di violini). Per uno di quei curiosi corsi e ricorsi della storia una delle compagnie bresciane più famose era detta dei "Paganini", sonadorí di violino a Venezia dal 1557.
Così anche nella moderna predilezione degli strumenti ad arco la Repubblica Veneziana si ritrova all'avanguardia. Mentre ancora le Cappelle musicali d'Italia e d'Europa conservano l'impostazione sonora del tardo Cinquecento, con il predominio degli strumenti a fiato, già dal 1617 a S. Marco si elegge "maestro de' concerti" un violinista, Francesco Bonfante e questa tendenza raggiungerà il culmine alla fine del secolo con la riorganizzazione dell'orchestra Marciana ad opera di Giovanni Legrenzi (28 archi e 6 fiati). In un'estetica nuova dove il suono acquista una valenza sensuale, contrapposta alla razionalità della "prima prattica", il violino è eletto strumento ideale, per la sua straordinaria capacità evocativa e imitativa, per la sua seducente e ricca gamma di colori, per la sua duttilità ad essere strumento ora lirico, ora ritmico, ora parlante. Esordiva R. Cartesío nel suo COMPENDIUM MUSICHAE del 1618: "[Musicae] ut delectet, variosque in nobís moveat affectus" e la natura discorsiva della musica strumentale, priva di un testo, "libera" il compositore ad una varietà melico-ritmica inesauribile. Ecco allora il Concerto, più precisamente Canzoni, Sonate & Variazioni concertate che sintetizzano varietà e contrasto, sorpresa e alternanza, collaborazione e interazione, mediante espedienti compositivi tesi ad attrarre l'attenzione dell'ascoltatore, a sorprenderlo piacevolmente. "Percepiamo più facilmente con il senso quell'oggetto in cui più piacevole è la diversità delle parti che lo compongono" scriveva ancora Cartesio, il quale fu a Venezia nel 1624, forse accanto a quella "Nobiltà che restò mossa dal'affetto di compassione in maniera, che quasi fu per gettar lacrime" assistendo alla prima esecuzione del COMBATTIMENTO DI TANCREDI E CLORINDA di Monteverdi, manifesto musicale dell'epoca barocca.
Gli autori e le musiche
GIOVANNI ROVETTA (1596c - 1668).
Figlio d'arte, è il classico esempio di musicista cresciuto in S.Marco. Prima fanciullo cantore, poi sonador nel 1614, quindi Basso nel 1623, Vice Maestro nel 1627 e infine Maestro nel 1644, successore di Monteverdi. Ma questa arrampicata all'interno dell'istituzione Marciana non fu affatto agevole, minata dalle maldicenze e dall'invidia dei colleghi, dipinti nella sua dedica all'OPERA I come "quelli che hanno gli orecchi di Mida e le lingue di serpenti". Nell'avvertenza ai "Benigni Lettori", confermato il suo duplice percorso di sonatore "sí da arco, come da fiato" e di compositore "che" comunque "il Signor Striggío,il Sig. Priuli e il Sig.Valentini e quasi tutta la miglior scola de' compositori hanno in tal maniera operato", confessa di aver mandato alle stampe le sue musiche per smentire le malelingue, dubbiose della paternità delle stesse. La sua CANZONE I prevede un raro organico di due violini e una violetta che aggiunge alla più comune scrittura a tre violini una velatura più scura. Stravagante è anche l'uso del trillo di terza nel tema iniziale. E' un pezzo esemplare per la gamma delle tinte veneziane adoperate: una per tutte il geniale effetto di inseguimento a canone dei tre strumenti nella sezione lenta che ricorda il frazionamento dell'immagine sull'acqua increspata. Mentre la CANZONE III, costruita sull' incipit dell' inno "Lucis Creator optime", è a doppio coro (due violini e due violette) e anche nello stile dichiara la sua destinazione sacra, la CANZONE IV presenta molte analogie di struttura con la Sonata XVI di Castello, sostituendone la sezione a programma con un moderno passaggio in tremolo.
FRANCESCO TURINI (1589c - 1656).
Nato a Praga da famiglia bresciana (il padre Gregorio era lì organista di corte) studiò a Venezia dove fu al servizio dei nobili Morosini: dal 1620 fu poi organista del Duomo di Brescia. Si frequenta ancora poco dell'opera di questo originale compositore, elogiato nel Settecento da C. Burney come "profondo e colto contrappuntista", che considerava però poco idiomatico per il violino. La SONATA A TRE del 1624 sembra smentire questo giudizio: in un'atmosfera patetica suggerita dall'indicazione Grave e dalla scelta del "lagrimevole" Secondo Tuono, i due violini e il violoncello toccano punte di liricità e di virtuosismo espressivo difficilmente raggiunte in sonate coeve. Straordinariamente in anticipo è l'impiego della progressione discendente per settime, espediente dinamico che diverrà marchio distintivo della musica del Settecento veneziano.
GIOVAN BATTISTA FONTANA (15?? -1630). "Il Signor G.B.Fontana da Brescia è stato uno dei più singolari virtuosi c' habbía havuto l'età sua, nel toccare il Violino" scrive il curatore della sua unica opera, stampata dieci anni dopo la sua morte (fu tra le vittime illustri della pestilenza del 1630). In questa raccolta sono raggruppate composizioni di epoche diverse e la SONATA XVI A TRE VIOLINI sembra essere tra le più tarde. Il modello della sonata gabrieliana si evolve attraverso la concertazione che isola interventi a solo in stile recitativo, raggruppa due violini in episodi antifonici e dialoganti e teatralizza con ornamentazioni virtuosistiche le cadenze: il tutto incorniciato da un ritornello il cui motivo popolare (il ballo del "Corisino" o "la bella Pedrína"), impiegato anche da F.Turini e T.Merula, tradisce le sue origini bresciane.
DARIO CASTELLO (XVI - XVII sec.).
Poco o nulla si conosce della vita di questo straordinario compositore la cui fortuna editoriale arrivò eccezionalmente fino al 1658 "Musico della Serenissima Signoria di Venezia in S.Marco e Capo di Compagnia di Instrumentisti" si dichiara nella dedica del 1627. Le due sonate "per stromenti de arco", pur nella conservativa forma a quattro voci ("la forma di armonia più perfetta e consueta" come la definiva Cartesio), gettano le basi del concerto per archi vivaldíano, in particolare per l'uso di una sezione centrale cantilenante che anticipa la funzione del tempo lento nella forma tripartita. Mentre la SONATA XV si lega alla tradizione della Canzone polifonica cinquecentesca, con un inizio omorítmico a toccata e una sezione fugata, ripetuta, accelerata e drammaticamente conclusa con originalissimi passaggi di quarte parallele, la SONATA XVI si può invece considerare "a programma", per l'inserimento di un lungo episodio che riecheggia fanfare imperiali (l'opera è dedicata alla Sacra Cesarea Maestà di Federico II d'Asburgo), un effetto che ritroveremo nelle composizioni più tarde degli austriaci Schmelzer e Biber.
BIAGIO MARINI (1597 - 1666).
E' con Turini e Fontana tra quei forestieri che giunsero a Venezia dalla città di Brescia: nel 1615 era infatti giovane violinista a S. Marco. Quando nel 1626 si stampa la sua OPERA VIII egli si trovava già a Neuburg, al servizio del Conte Palatino Wolfango Guglielmo, ma lo stile delle composizioni contenutevi è il frutto dell'esperienza veneziana. Spettacolare è la SONATA A TRE VIOLINI IN ECCO, la cui teatralità è suggerita dall'autore nella parte del Basso continuo: "il primo violino deve essere visto, gli altri no". Il brano è un campionariodelle potenzialità del violino che si cimenta in assoli lirici e in recitativi, in imitazioni di trilli d'uccello, rintocchi di campane, fanfare militari oltre a espedienti più tecnici come l'uso delle doppie corde. Un omaggio al gusto d'oltralpe affiora nella scelta del passamezzo antico, basso di danza comunque assai in uso nella tradizione clavicembalistica veneziana, concertato però con mezzi modernissimi quali la "battuta larga", un rallentato espressivo che enfatizza la sezione cromatica, l'hoquetus che ci ricorda i fragori del Combattimento monteverdiano, il groppo, ornamentazione in voga cui Marini dedica un'intera variazione.
GIOVANNI PICCHI (1572 - 1643)
Organista e liutista svolse la propria attività nella scuola di San Rocco e soprattutto nella basilica dei Frari detta allora "La Casa grande di Venezia". Era soprannominato "el soto dei Frari" per un suo difetto fisico che lo rendeva claudicante. Concorse senza successo al posto di secondo organista a S. Marco sotto la direzione di Monteverdi. Nella sua CANZONE V a due violini si ritrovano influssi dello stile vocale monteverdiano e del sonatismo di Giovanni Gabrieli dove la sapiente elaborazione tematica, peculiarità degli organisti, si fonde a formule tipiche dello "stil moderno": l'uso di antifonalismi e dialoghi (con alcuni passaggi in eco) e il tipico virtuosismo nella lunga cadenza/coda. Originale è anche la duplice funzione del Basso che si trasforma all'occasione da seguente a terzo soggetto.
GIUSEPPE SCARANI (f1.1628 - 1642)
Monaco carmelitano, transfuga alla caduta dei Gonzaga, da Mantova a Venezia, nel 1629 è iscritto come cantore a S.Marco. Quasi nulla si conosce di questo compositore organista la cui vena speculativa e l'artificioso contrappunto lo avvicinano più ai musicisti del nord Europa che alla scuola italiana. La sua SONATA XV rivela tuttavia intuizioni espressive assai moderne, come l'uso del vibrato d'arco suggerito dall'indicazione "affetto" o il parossistico finale che prefigura atmosfere di fine Seicento, anticipando autori come Legrenzi, Ruggeri e Caldara.
© Giorgio Fava
Info
Recording location: Sala del Silenzio, Seminario Vescovile di Treviso, Italy
Recorded: August, 27-31, 1997
Executive producer: Wolfram M. BURGERT
Recording editing: Pere CASULLERAS
Cover & Inlay Painting by: Vittore CARPACCIO (1465-1525): "The lion of Venice"
Painting booklet backside: Ludovico POZZOSERRATO (1550-1635): "Concert in the garden" (Treviso, Museo Civico)
Inlaycard Inside: Evaristo BASCHENIS (1617-1677): "Stilleben mit Musik-Instrumenten" (ca. 1645, Bergamo Accad. Carrara)
AD & Design: Appassionato & Partner
Total Timing: 67’42’’
Co-Produced with Westdeutscher Rundfünk, Köln